Hai mai avuto la sensazione di vivere come un...
equilibrista?
Ti sei mai sentito tirato da una parte all’altra come un elastico? Hai mai percepito, nel tuo universo, che tu non eri quello che stavi facendo e mostrando?
Ovunque ti allinei a qualcosa o a qualcuno ti allontani da Te, perdi la percezione di te come essere infinito.
Ti è mai successo di stare divinamente bene e poi, in un attimo, di ritrovarti stanco, appesantito, insofferente? Quando ti succede ti puoi aiutare facendoti delle domande. Ad esempio, puoi chiederti: “Cosa ho fatto mio qui che non mi appartiene?”
Un cambio repentino nello stato dell’energia ci mostra il nostro esserci agganciati, e avere portato nel nostro universo, dei pensieri, convinzioni e giudizi con cui siamo entrati in contatto, da uno spazio di non presenza.
E cosa ci vorrebbe per essere sempre, totalmente, in presenza?
Essere presenti
Essere presenti a se stessi consente di relazionarsi con chiunque senza bere (assorbire, fare propria) l’energia che si presenta nel momento.
Quante volte ci troviamo in situazioni, anche di convivialità, che ci procurano un cambiamento dello stato energetico, che ci “spostano”? Ciascuna volta in cui succede, senza esserne consapevoli, ci allontaniamo un po’ di più da noi, dal contatto col nostro essere.
Quando non siamo presenti a noi stessi, beviamo ciò che si sta mostrando e ci ritroviamo ubriachi: assorbiamo le storie che ci vengono raccontate, ci allineiamo ai punti di vista, ecc. E tutto ciò che ingurgitiamo si va a depositare nel corpo e… voilà! Ci spostiamo dal nostro Sapere. Fortunatamente il nostro corpo ci avvisa, ci dà dei segnali.
Quanto siamo disposti a osservare ciò che accade con leggerezza?
Alla fine di una cena tra amici, ad esempio, ci possiamo ritrovare appesantiti e dare, in automatico, la colpa al cibo. Davvero, davvero? Siamo proprio sicuri che sia stato l’avere mangiato troppo? E anche se fosse, forse anche questo mostra che abbiamo passato la serata senza essere presenti a noi stessi? Chiediamocelo…
La bella notizia
La bella notizia è che quando ci accade di sentirci “stropicciati” nel nostro corpo è sufficiente cominciare a farsi domande. Le domande riportano alla presenza, richiamano consapevolezza, cambiano l’energia.
E come sarebbe chiedere al nostro corpo di avvisarci prima che accada, in modo da evitare di entrare in zone di fatica? Come sarebbe fare partire un avviso del tipo: “Glin Glon… Sveglia! Ti stai appiccicando roba, puoi accorgertene per favore?”
È un allenamento. Si tratta di allenarsi nel riconoscere sempre più gli spazi nei quali ci beviamo gli universi degli altri, diamo priorità a realtà e costrutti altrui, piuttosto che essere nella presenza di noi stessi, nella disponibilità a farsi domande e a osservare e riconoscere ciò che ci porta leggerezza e ci espande.
Quanto sei disposto a riconoscere te?